lunedì 31 gennaio 2011

IO EMIGRATO

La mia famiglia, per ragioni di lavoro, si è dovuta trasferire nel nord Italia, in Lombardia, dove io sono nato e ho vissuto per diversi anni, prima di tornare a Roma. Ricordo alcuni episodi tristi di quel periodo. I bambini coetanei mi evitavano al parco se sentivano il mio accento diverso. Forse credevano che non ero italiano. Mio padre diceva che se capivano che eravamo di Roma, parlavano sempre di “Roma ladrona”. Insomma ci sembrava di vivere all’estero, in un paese con un dialetto diverso e incomprensibile, tra l’indifferenza dei locali se non addirittura disprezzati, considerati lavativi e sfaticati e chiamati “terroni”. Sembrava di non essere in italia. Eppura eravamo in un'altra regione. Questo mi ha fatto capire che la discriminazione esiste anche tra gente dello stesso Paese. Questo mi ha fatto capire che l’essere umano è proprio stolto. Ora sono felice di essere nella mia città.
Lollo

martedì 25 gennaio 2011

EMIGRARE IN NORVEGIA

Mi sembra di essere qui da una vita, invece ho lasciato la mia casa da
appena un mese.
Le giornate sono cupe, il tempo sembra non passare mai, le ore di luce sono
pochissime, le giornate sono avvolte nell'oscurità, la sera impiego mezz'ora a spogliarmi e di giorno mi sento un "salame"per quanto sono infagottato. Mi sono trasferito a Tromso, una piccola cittadina norvegese e sono qui in qualità di ricercatore scientifico. La Norvegia offre ampie possibilità a noi giovani ricercatori: laboratori attrezzatissimi e all'avanguardia, generosi finanziamenti e la possibilità di crescere e fare esperienze. Grande paese la Norvegia!! Ma allora perché tutte le sere prima di addormentarmi penso con nostalgia alla mia meravigliosa città? E' proprio vero che le cose si apprezzano soltanto quando ci vengono a mancare... Mai come ora rimpiango la mia caotica Roma, le lunghe giornate estive, i negozi sempre aperti; qui tutto questo ossigeno mi sta asfissiando e tutto questo silenzio mi stordisce; l'odore del pesce mi è entrato nelle narici, qui non si mangia altro, tutto è metallico: i suoni, i colori, i paesaggi. Anche le persone, seppur simpatiche e ospitali, sono molto più fredde e distaccate rispetto a noi Italiani. C'è di buono che nel gruppo dei miei colleghi ci sono due ragazzi italiani: un milanese e un siciliano. In Italia avrei notato immediatamente le differenze culturali, qui invece noto soltanto ciò che ci accomuna e parlare con loro mi fa sentire a casa. Quando siamo insieme parliamo delle ricette tipiche delle nostre regioni e mi viene l'acquolina in bocca; spesso parliamo delle nostre famiglie. Soltanto il fatto di parlare la stessa lingua mi fa sentire un loro fratello, quest'esperienza mi sta facendo capire quanto a volte ci si può sentire soli pur fra milioni di persone, ora capisco quanto sia importante la familiarità dei sensi, le consuetudini, le origini. Nelle spettacolari sere in cui mi capita di ammirare l'aurora boreale penso sempre al verde degli occhi di mia madre che sicuramente mi starà pensando.
Di Lorenzo D'U.

DAL DIARIO DI BORDO DI UN MIGRANTE

20/08/2009
Caro diario,
allora ci siamo: sto per partire per la Spagna,precisamente a Barcellona.
Mi trovo su un aereo dell'Alitalia. Mi viene da piangere: sto lasciando il mio paese.
Mi mancheranno tutti: i miei parenti, i miei amici... Però devo pensare che lì
mi troverò meglio. Ma che sto dicendo, non c'è niente di meglio dell'Italia! Purtroppo
devo partire, qui in Italia non riesco a trovare lavoro.
Ora ti saluto, ho sentito il rumore del motore: si parte!!!!!!
24/08/2009
Caro diario,
sono le ore 7:15 e mi trovo davanti alla Cattedrale. Comincio a sentire il
dolce suono delle costanuelas (nacchere), il gustoso odore delle tortillas...
Mi sento a disagio a sentire una lingua nuova, capisco solo qualche parola
di spagnolo.
Ieri ho fatto una passeggiata nella seconda città più importante della
Spagna. Ho visto tra le varie cose anche una scuola di flamenco.
Il mio nuovo lavoro si trova nella periferia, lavoro in un programma tv locale.
Vivo in un monolocale, piccolo ma accogliente.
Sono qui da pochi giorni, ma già sento nostalgia della mia terra. In questo
momento mi sembra di sentire un odore di pizza che mi ricorda quella che
preparava mia madre. Ti lascio  vado a mangiare.

27/08/2009
Caro diario,
la giornata di ieri è iniziata bene: sono andato a lavoro, ho visto una
ragazza molto bella ( bionda con occhi azzurri), i suoi capelli erano
splendenti come il sole e i suoi occhi avevano lo stesso colore del mare. Poi
ho scoperto che quella ragazza lavora con me, solo che siamo in due settori
diversi. Peccato però che dopo il lavoro la giornata ha preso una brutta piega:
tornando a casa ho visto delle persone con la testa rasata. I miei amici
italiani mi avevano avvisato che a Barcellona ci sono dei gruppi di naziskin
che odiano soprattutto gli Italiani: dall'abbigliamento sembravano proprio loro!
Allora sono passato davanti a loro indifferente, ma non “è filato” tutto liscio
come l'olio. Mi hanno chiesto di dove ero. Io avevo capito la domanda ma non
sapevo rispondere. a un certo punto hanno iniziato a strattonarmi e a
picchiarmi. Sono stato soccorso subito da dei passanti, è arrivata l'ambulanza
che mi ha portato all'ospedale più vicino.
Oggi sono ancora in ospedale e mi è venuta a trovare quella bellissima
ragazza che lavorava con me. Si chiama Laura. Secondo me c'è una grande
sintonia tra di noi.
Spero che quei naziskin siano stati arrestati e che da oggi la mia vita qui
a Barcellona sia tutta in salita. A domani
(DI KEVIN)

mercoledì 12 gennaio 2011

Memoria

Basterebbe parlare con un nonno per scoprire che anche noi Italiani siamo stati emigranti e neanche tanto tempo fa. Alla fine del 1800, inizio 1900, molte famiglie hanno lasciato le loro case costrette da esigenze lavorative. Dapprima il flusso migratorio era indirizzato verso l'Europa occidentale e la Germania e proveniva soprattutto dall'Italia del nord. Più avanti l'Italia settentrionale migliorò la propria situazione economica, grazie allo sviluppo delle industrie, così l'emigrazione riguardò principalmente il sud Italia e il "paradiso" era l'America. Dal 1890 al 1910 gli emigranti italiani furono 12.000.000. Sorsero dei "quartieri ghetto" dove si concentravano le diverse etnie."Little Italy" era il quartiere degli italiani a New York. In queste comunità chiuse però nascevano facilmente attività malavitose, tanto che questi quartieri venivano addirittura isolati dalla polizia. Gli Italiani emigrati negli Stati Uniti venivano considerati un peso dall'America, poiché il governo era costretto ad assumersi delle responsabilità sociali nei loro confronti.
Ad oggi l'Italia (e l'Europa in generale), sono meta ambita di molti popoli romeni, albanesi, polacchi, ucraini, africani, asiatici. Come gli Italiani il secolo scorso pensavano che l'America fosse un sogno, così oggi queste popolazioni pensano che il sogno sia l'Italia.Purtroppo non è stato così per noi e non è così per loro. Molti ragazzi laureati nel loro paese vengono in Italia a svolgere i lavori più umili, sottopagati e il più delle volte in "nero". Svolgono mansioni che ragazzi-e Italiani non prendono neanche in considerazione (operai edili, braccianti, badanti, colf). Ancora oggi gli emigranti si "raccolgono" in quartieri. Per esempio qui a Roma nel quartiere Esquilino c'è una vasta comunità cinese, mentre nel nostro quartiere, il Pigneto, c'è una prevalenza di asiatici e africani. Nel 2010 lo straniero viene visto da molti ancora come un invasore, come un diverso, come chi viene in un posto che non gli appartiene, viene vissuto con sopportazione, con"tolleranza", è un corpo estraneo. La frase più ricorrente è: "Ma perché non se ne tornano al paese loro?".
Il mondo è il paese di tutti. Credo che nessuno sia contento di lasciare la propria patria, la propria gente e spesso la propria famiglia per andare a vivere altrove. Si è costretti per motivi economici o per fuggire alle guerre. Molte persone continuano a pronunciare luoghi comuni, senza provare a mettersi nei panni di coloro che giungono nel nostro paese pensando di risolvere la propria vita e spesso ne fanno una peggiore della precedente. I miei nonni sono emigrati in Germania negli anni '70 ed hanno subito episodi di razzismo da parte dei loro connazionali emigrati anni prima che, ormai padroni della lingua, fingevano di non capirli. Lo straniero incarna tutti i mali del nostro paese: è lui che ci toglie il lavoro, colui che delinque, colui che grava sull'economia, colui che ci toglie le abitazioni. Si dice che studiare la storia sia importante per non ripetere gli errori passati; noi italiani la discriminazione l'abbiamo vissuta sulla nostra pelle e neanche questo è riuscito ad aprire le nostre menti. MEMORIA è la parola-chiave, purtroppo spesso è molto labile..
Lorenzo D’Urso
 
 
OCCHIO ZIO SAM: SBARCANO I SORCI!



martedì 11 gennaio 2011

Discriminazione verso gli Italiani

Da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.
Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali". "Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione".
 

sabato 8 gennaio 2011

ANCHE NOI ITALIANI SIAMO STATI UN POPOLO DI MIGRANTI

Oggi noi Italiani siamo soliti etichettare gli stranieri immigrati come gente “strana”, di secondo
livello rispetto a noi, dimenticandoci però che anche gli Italiani, agli inizi del Novecento, sono stati un popolo di migranti. Cominciamo innanzitutto a fare un quadro generale della situazione presente in Italia e negli altri Paesi agli inizi del secolo scorso. In Italia c’era una grave crisi economica a causa della chiusura di fabbriche e industrie, problemi di riconversione della produzione, crisi dell’agricoltura con il conseguente dilagare della disoccupazione e del degrado. Sempre in Italia e anche negli altri Paesi, in quel periodo, regnavano le dittature: quella fascista in Italia e in Spagna, quella staliniana in Russia e la dittatura nazista in Germania che ha causato enormi sofferenze al popolo ebreo, comportando lo sterminio di milioni di persone nei campi di concentramento. Queste situazioni erano davvero intollerabili e provocarono quindi una vera e propria fuga di massa continua
verso quel continente in cui le condizioni di vita per gli uomini erano migliori: l’America. Gli emigrati italiani, tedeschi, spagnoli giungevano negli U.S.A. su barche dirottate, dopo aver camminato per lunghi tratti di strada, in tutti i modi possibili, fino a costringere l’America ad elaborare un limite d’ingresso per gli immigrati affinché questi ultimi non divenissero un peso per lo Stato. C’è da dire però che gli emigrati non avevano vita facile neppure una volta imbarcati negli Stati Uniti, poiché spesso non riuscivano neanche ad entrare nel continente, perché venivano fermati al momento dello sbarco per qualsiasi, anche piccolissimo, problema di salute o problema estetico legato ad essa . Questi costituivano quindi delle scuse per gli Americani per fermare l’immigrazione, perché persone malate o donne con il capo calvo, a causa della contrazione della tigna, non avrebbero mai trovato un marito e quindi sarebbero divenute delle persone in più da mantenere. Se invece riuscivano ad entrare nel Paese, venivano incaricati di lavori molto pesanti, addirittura insopportabili: venivano mandati a lavorar nei campi o esposti a lavori pericolosi nelle fabbriche, con in pericolo delle esalazioni, poiché gli Americani sapevano che a questi immigrati serviva un lavoro a tutti i costi e non si sarebbero tirati
indietro per nulla al mondo. Anche gli Italiani, quindi, per un certo periodo, sono stati oggetto di discriminazioni e sono stati vissuti dagli Americani come un pesante fardello. Nascevano quindi in America nuovi quartieri ghetto. Questa situazione si sta ripetendo, anche se in maniera ridotta, qui in Italia con gli immigrati pakistani, marocchini che fuggono dal loro Paese per via della guerra, che miete ogni anno molte vittime, per trovare un lavoro e una sistemazione. Noi, invece  di accoglierli e dar loro una possibilità di rifarsi una vita, li consideriamo un peso e, qualsiasi cosa di negativo accada, tendiamo sempre ad incolparli accusandoli di essere gente inaffidabile. Secondo me tutto ciò non è giusto, dovremmo imparare dagli errori del passato per non commetterli più e seguire il detto “non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te”. Non è corretto pensare che un uomo non sia degno di essere trattato come gli altri e di avere un lavoro dignitoso solo perché viene da un altro Paese. Secondo la mia opinione, a maggior ragione queste persone andrebbero comprese e aiutate perché hanno diritto anche loro ad avere una vita serena come la vorremmo tutti noi.
Elisa

SBARCO DI EMIGRANTI ITALIANI A ELLIS ISLAND NEL 1911